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Cifrario di Sebastian Foscarini anni 1760
Dispaccio cifrato di Sebastian Foscarini 29 giu 1762

Sebastiano Foscarini, esponente della ben nota famiglia patrizia veneziana, fu come il suo antenato omonimo del Seicento, ambasciatore in Spagna nel Settecento, fino al 1762 quando, eletto doge suo zio Marco, fu richiamato a Venezia. E come l'antenato, ma in misura molto minore, usava scrivere in cifra i suoi dispacci al Doge; per lo più era cifrata solo qualche frase di natura riservata.

Il cifrario usato è molto più semplice di quello dell'antenato, non c'è più il dizionario, solo un monoalfabetico e un sillabario e alcune nulle, usate in realtà solo a inizio e fine riga. Il monoalfabetico ha due omofoni per ogni lettera ricavabili facilmente uno dall'altro, per esempio A si cifra con 556 o 56., B con 557 o 57. ... fino a Z che si cifra con 159 o 19. . In realtà, per lo meno nei cifrati che ho esaminato, viene usata solo la seconda forma, quella abbreviata, con il puntino alla fine. Pigrizia e voglia di semplificare ancor più il cifrario? Da parte degli addetti alla cifra?

Le cifre qui, come era ormai regola fin dall'inizio del Seicento, sono semplici numeri di tre cifre (detti a volte tricifre), ma con il puntino come segno nell'omofono delle singole lettere; per rendere la vita un po' più difficile all'eventuale decrittatore, venivano inserite nulle a inizio o fine riga; come in quello dell'antenato anche questi cifrati di Foscarini erano tutti scritti andando a capo solo alla fine di una tricifra; accorgimento che semplificava le cose agli addetti alla cifra e decifra, ma anche al nemico; probabilmente per questo si aggiungevano le nulle iniziali o finali.


Il cifrario è stato ricostruito confrontando alcuni testi cifrati con i testi decifrati dalla cancelleria. Il cifrato era stato cancellato con uno spesso tratto di penna, proprio per evitare che qualcuno ricostruisse il cifrario in questo modo; forse è dovuto allo sbiadimento degli inchiostri, ma di fatto il cifrato si legge agevolmente, soprattutto nella foto digitale rielaborata. La struttura regolare del sillabario è emersa subito ed è stato facile ricostruire anche le sillabe che non apparivano nei testi esaminati. Lo stesso per il monoalfabetico dove è stata ricostruita solo la forma abbreviata, per il motivo di cui sopra. Nessuna cifra per parole intere, il che lasciava sospettare che non ci fosse più un dizionario. Un espediente per aumentare la sicurezza è quello di inserire nulle a inizio e fine riga. Il cifrario è stato caricato in un data-base insieme agli altri in modo da poterlo visualizzare in diversi modi e da poter decifrare altri dispacci.

Con un po' di fortuna sono riuscito poi a ritrovare anche la chiave di cifra, apparentemente originale, tra le tante carte del Consiglio di Dieci conservate all'Archivio di Venezia; confermata l'assenza del dizionario, vi compaiono gli omofoni per le lettere singole, e una lista di nulle.

In definitiva un cifrario più semplice e più debole di quelli usati nei secoli precedenti. D'altra parte alla fine del Settecento il peso politico della Serenissima Repubblica sulla scena europea si era ridotto a ben poca cosa, e non sorprende di riscontrare una decadenza anche in campo crittografico.


Cifrario ed esempio
Immagine ancora non disponibile
[Archivio di Stato di Venezia : Senato dispacci di ambasciatori Torino 19]
Testo cifrato in gruppi di 3


Testo decrittato

Riferimenti bibliografici
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